lunedì 4 novembre 2013

a day in the life: momenti morti e lezioni di musica

Non ci si pensa mai, ma buona parte del tempo passato a fare "ricerca sul campo" consiste in momenti morti. Personalmente si tratta di un misto di ansia, e voglia di concludere tutto in una settimana (aspettativa prontamente disattesa dagli incontrollabili eventi); altre volte invece si guarda il calendario e si contano i giorni, magari cercando di fare dei programmi; ma ero stato avvertito che la maggior parte delle volte l'atmosfera sarebbe stata più o meno questa:
 

Fortunatamente vengono in aiuto le lezioni di musica che sto prendendo: almeno due ore ogni giorno passano suonando. I risultati sono scarsini, dato che sto approcciando all'ennesimo nuovo strumento, l'oboe hnay.


Nella foto io e il mio maestro (saya) U Ohn Htay, che con pazienza infinita mi sta dando qualche rudimento (il fedele registratore audio è una presenza decisamente rassicurante...). La prima canzone che mi è stata insegnato ha un nome che ancora non capisco come scrivere: questa canzone è conosciuta praticamente da chiunque, e viene insegnata a tutti i musicisti alle prime armi, si tratti di suonare l'oboe, tamburi o gong.
 
Vorrei approcciare anche al tamburo più grande (pa'ma) dell'orchestra hsaing, così da avere un quadro sia della parte ritmica che di quella melodica - e se riesco a farmi un'idea dei costi di spedizione vedo di portarmene uno a casa. Per farci cosa non so, dato che le lezioni di tamburo vengono rimandate ormai da un mese, assieme alle interviste per la ricerca e a molte altre cose. L'orchestra di U Win Hlaing è sempre occupata a suonare da qualche parte, e quando sono liberi loro manca l'interprete, altre volte sono io che non ci sono. E si torna quindi alla questione di cui sopra - un circolo vizioso.
 
Interviste a parte, sono davvero pieno di materiale. Un paio di settimane fa c'è stato un importante rituale a Yangon, a casa di un'astrologa (molto ricca) che ha ingaggiato l'ormai noto medium con orchestra a casa propria, per due giorni di musica, danza e crisi di possessione. Il fatto che tutto avvenga in un contesto assolutamente urbano rende la cosa solo più interessante: folle di curiosi si affacciano dal vicolo, sbirciando la situazione, i bambini si infilano dovunque, nella speranza di prendere al volo le banconote lanciate in aria con fare beneaugurante. La musica è continua, i tamburi sostengono il ritmo ossessivamente, i gong e l'oboe portano avanti la linea melodica, i cantanti urlano nei microfoni, la folla incita le danze del medium.
 
 
Penso che dovrò descrivere tutto questo per la tesi, e non in quattro parole. Sinceramente non so da che parte cominciare: gli aspetti da trattare sono infiniti. La cosa più interessante di questo specifico evento è che, durante le danze, i medium hanno iniziato a parlare non con la propria voce naturale, ma con un una vocetta stridula, segno che la possessione era completa: era lo spirito (nat) a parlare e a chiudere ai musicisti di eseguire alcune canzoni piuttosto che altre. Si era venuta a creare un'intesa tra le diverse componenti - musicisti, medium/danzatori e pubblico/devoti - ad un livello che nelle altre occasioni non avevo mai visto.
 
Mi sono dilungato su questioni etnomusicologiche un po' "tecniche", vabbè. Almeno non mi si dirà che scrivo sempre le stesse cose.

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